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Asili nido comunali e accreditati
Il Decreto Interministeriale del 31 dicembre 1983 ha inserito gli asili nido fra i servizi a domanda individuale, i cui costi sono in parte coperti dalle famiglie utenti. La determinazione della quota di compartecipazione è definita dai comuni che fissano le fasce Isee sulla cui base graduare le rette, oltre ad adottare altri criteri di valutazione quali le ore di frequenza, il tempo ridotto o pieno, ecc.
A Roma, il quadro tariffario per i nidi comunali attualmente in vigore è stato approvato con DCS-AC 9/2016. L'aumento tariffario applicato per la prima volta nell'anno scolastico 2015/2016 ha portato la copertura tariffaria del servizio al 17%, dall'11% dell'anno precedente. Dal punto di vista strutturale, per ogni tipologia di orario-servizio sono stabilite una tariffa minima (Isee fino a 5.164,57 euro) e una massima (Isee superiore a 41.316,56) entro le quali la quota di contribuzione varia proporzionalmente al crescere dell’Isee. Sono inoltre previste una serie di agevolazioni in caso di situazioni di particolare difficoltà per le famiglie con più figli al nido o in età scolastica.
Oltre al servizio offerto direttamente nelle strutture comunali, Roma Capitale - nei limiti delle disponibilità finanziarie - soddisfa una parte della domanda attraverso strutture private accreditate/convenzionate, cui corrisponde un contributo (fissato in misura indipendente dalla retta complessiva praticata dal soggetto erogatore) per ogni bambino iscritto proveniente dalle liste comunali, che quindi integra la spesa della famiglia, proporzionale all'Isee.
Per avere un quadro più completo del servizio, la figura sopra mette in relazione la spesa annuale delle famiglie per il nido nelle grandi città italiane con la percentuale della domanda insoddisfatta (lista d’attesa finale/domande valide pervenute a ciascuna amministrazione)*. Posizione interessante è quella di Roma dove la spesa della famiglia D per il servizio è inferiore alla media nazionale (la più bassa dopo Genova) e la percentuale di domanda insoddisfatta è minima (4,2%). Anche a Milano la gestione della lista d'attesa è molto efficiente (a fine anno resta insoddisfatto solo il 5,6% delle domande presentate in origine), ma i costi sostenuti direttamente dalle famiglie sono elevati. Spesa e disponibilità nella media per Napoli e Firenze, situazioni invece antitetiche a Bologna e a Palermo: nel primo caso la percentuale della domanda insoddisfatta è bassa, ma la spesa della famiglia è superiore alla media; nel secondo la spesa è bassa, ma oltre metà della domanda resta insoddisfatta (56%).
(*) Mancano Genova, Torino e Bari, che non hanno fornito dati sulla gestione delle liste d'attesa.
Fonte: elaborazioni ASPL su dati dei comuni