8.3

Piano regionale per la gestione dei rifiuti

Secondo la direttiva 2008/98/CE, gli Stati membri devono predisporre piani di gestione dei rifiuti che coprano l'intero territorio nazionale. Il D.Lgs. 152/2006, all'art. 199 recepisce tale principio, stabilendo la dimensione regionale dei piani e disciplinandone vari aspetti fra cui modalità e tempi di approvazione, durata e contenuti. I compiti di pianificazione, a livello nazionale e regionale, dovrebbero integrarsi in modo che la gestione dei rifiuti sia oggetto di una strategia di pianificazione integrata e coordinata fra il livello statale e regionale.
I Piani, che vanno aggiornati ogni sei anni, comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti in regione, le misure da adottare per migliorarne l’efficacia ambientale, l'eventuale fabbisogno impiantistico, nonché una valutazione del modo in cui i Piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni in materia di gestione dei rifiuti.

Il Piano rifiuti della Regione Lazio è stato approvato con DCR 14/2012 ed ha validità fino a tutto il 2017. Il documento divide il territorio regionale in cinque Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) corrispendenti all'incirca alle cinque province, all'interno dei quali deve essere organizzata la raccolta dei rifiuti e deve essere garantita l'autosufficienza in termini di impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) e di smaltimento (discariche). 

La ricognizione del contesto regionale e dei flussi di rifiuti prodotti e differenziati contenuta nel Piano si basa su dati già vecchi (risalenti al 2008), con 'proiezioni' per il periodo 2010-2017 che alla data di approvazione del provvedimento (gennaio 2012) non sono state nè comparate con i risultati disponibili (in gran parte inferiori alle attese), nè quindi rettificate. Anche le quantità trattate negli impianti di gestione dei rifiuti risalgono al 2008, sebbene il quadro della capacità impiantistica disponibile e/o autorizzata sia aggiornato al 2010.
Da queste premesse deriva che la programmazione della sostenibilità ambientale ed economica del ciclo dei rifiuti nel Lazio sia articolata su proiezioni piuttosto irrealistiche, basate sull'ipotesi di una raccolta differenziata molto evoluta in tutte le province, senza tenere conto che già la percentuale stimata di partenza (60% nel 2011, che sarebbe dovuta salire al 65% a partire dal 2012) non era nemmeno lontanamente vicina alla realtà in nessuno degli ATO: nel 2011 la differenziata della Regione Lazio era infatti pari al 20%; a tutto il 2015, Roma Capitale è arrivata appena al 41% e fra i capoluoghi di provincia laziali è di gran lunga il più virtuoso.
Anche sul fronte dei costi, le proiezioni sono lontane dalla realtà: le stime riferite al 2016 dei costi complessivi di raccolta e trasporto per l'intera provincia di Roma, secondo il Piano potevano variare fra i 246 e i 286 milioni di euro, mentre le voci di costo corrispondenti indicate nel solo piano finanziario 2016 di Roma Capitale superano i 350 milioni. 

Per quanto riguarda infine il fabbisogno impiantistico stimato, le previsioni ottimistiche circa le percentuali di raccolta differenziata hanno portato a sottovalutare l'effetto della chiusura della discarica di Malagrotta, tanto che nel Piano non è prevista la realizzazione di alcun impianto alternativo, pur continuando a sostenere il principio di autosufficienza dell'ATO (o all'occorrenza quello di prossimità) per lo smaltimento. E' stata invece prevista l'effettiva realizzazione della nuova capacità di termovalorizzazione già autorizzata (Albano Laziale), che però al momento è ancora ferma. All'atto pratico, nella prospettiva di un progressivo ulteriore incremento della raccolta differenziata a Roma Capitale, l'autonomia di trattamento degli indifferenziati all'interno dell'ATO-Roma prevista dal Piano regionale è vicina al conseguimento, mentre - chiusa la discarica di Malagrotta nel 2013 e non essendo individuato un sito idoneo alternativo - l'ATO dipende completamente dalle esportazioni per lo smaltimento. Questo determina alti costi di trasporto e ricadute ambientali negative, oltre alla perdurante incertezza circa la disponibilità di discariche disposte a smaltire i residui di trattamento degli indifferenziati romani.

Infine, lo scenario di controllo, che doveva essere adottato in caso le previsioni e le ipotesi si fossero rivelate errate, è stato revocato nell'anno successivo con DCR 8/2013, sulla base del fatto che la produzione dei rifiuti non è aumentata (come invece il Piano prevedeva) e che l'incremento medio annuo della differenziata dal 2009 al 2012 (+2,3%) è stato superiore a quello osservato nel periodo 2006/2008 (+0,9%), senza tenere conto del fatto che però al 2012 la percentuale media regionale (22%) era ancora solo un terzo rispetto agli obiettivi (65%). 

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